Perché ho bisogno di un editor?
E chi ha bisogno di un editor?
Mica lo ha scritto lui, il libro! E, poi, potrebbe togliere “anima” al mio romanzo, uniformandolo a tanti altri. E se non fosse all’altezza della situazione? E se non gli piacessero i miei stessi autori “di riferimento”?
Queste sono alcune delle convinzioni estrapolate da pagine e gruppi social dedicati agli scrittori. Soprattutto se alle prime armi.
Sono Maria, sono una editor e qui puoi leggere come i “miei” autori abbiano vissuto l’esperienza con me. Sarà stata traumatica come credi?
Chi nutre sospetti verso questa figura “aliena” che è l’editor li trae da una matassa di dubbi alimentati dalla disinformazione.
Proviamo a sbrogliarne i nodi assieme.

La dura verità
Quando si scrive un libro, è naturale avvertire un attaccamento “viscerale” alla propria creatura. La scrittura è un terreno in cui è facile sentirsi “invasi”, “usurpati” del proprio spazio legittimo.
Questa forse è la parte più complicata da fare comprendere a un autore: un libro non è solo il parto del proprio spirito (a meno che non lo si voglia tenere per sé). Quando lo si vuole “pubblicare”, ovvero “renderne nota l’esistenza”, con l’atto della pubblicazione assume immediatamente un altro valore: il libro è un prodotto e come tale farà parte di un certo tipo di mercato.
Attenzione: un piano non invalida l’altro. Coesistono, e bisogna tenere bene a mente entrambi.
Oltre a una propria ambizione personale ed esistenziale, il libro è un progetto che va curato, così come qualsiasi altro prodotto, ai fini della sua vendita.
Il mercato editoriale, peraltro, è davvero competitivo. Ogni anno vengono stampate (e date al macero) copie su copie, in una quantità inimmaginabile.
Vediamo insieme qualche dato.

Uno su mille ce la fa
Secondo l’Istat, nel 2019 sono stati pubblicati circa duecento libri al giorno.
Uno su mille ce la fa, “in soldoni”.
Tra la sterminata serie di titoli editi in un solo anno, è fisiologico non tutte le pubblicazioni emergano.
Prima della digitalizzazione di massa che ha coinvolto il cittadino medio italiano, durante il 2020, la libreria è sempre stata uno dei luoghi principali per poter conoscere le novità editoriali, incappare in un long seller o riscoprire i vecchi classici.
In libreria: l’incontro col libro

L’incontro “fisico” col libro è determinante.
Siamo attratti da un certo tipo di formato, da una copertina che “spicca” per materiali, colori, immagini. Forse perché sulla copertina c’è scritto proprio il nome del nostro romanziere preferito.
Possono colpirci i testi riportati in copertina: la sinossi del romanzo, la biografia dell’autore.
Istintivamente, apriamo una pagina a caso. È “scritto troppo piccolo”? Servono degli occhiali da lettura per leggere agevolmente quei caratteri?
Che qualità ha la carta? È troppo sottile? L’inchiostro delle lettere sembra “sbavato”?
L’impaginazione è ordinata o sembra sbilanciata, fastidiosa da sopportare per svariate ore?
Controlliamo se ci sono difetti, come pagine “tagliate male”, pagine “volanti”, macchie d’inchiostro, una rilegatura imprecisa.
Tutto questo concorre a farci avere una certa impressione del libro, prima ancora di andarlo a leggere. Prima ancora di scegliere se acquistarlo o meno.
In noi si forma una certa impressione del libro prima ancora di andarlo a leggere. Prima ancora di scegliere se acquistarlo.
Ti è mai capitato di acquistare un’edizione dello stesso classico piuttosto che un’altra? In fondo, si tratta dello stesso libro, solo che a proporlo sono case editrici differenti. Quindi, in verità, non è lo stesso libro.
Cosa ti ha convinto, quella volta?
Era una edizione economica? La copertina era particolarmente bella? Il volume era impreziosito da illustrazioni?
Cosa aveva di diverso dall’edizione che hai deciso di scartare?
Per quanto riguarda le mie preferenze, io bado molto alla qualità della traduzione. Alle volte ci metto settimane per scegliere quale edizione acquistare. Se si tratta invece di prodotti ben studiati e amabilmente ideati come i classici proposti da ABEditore, difficilmente trattengo il mio entusiasmo (e la mia carta di credito, sigh).
Questione di sguardi
Dopo averti fatto notare che il libro non è fatto solo del testo al suo interno, ma di altri elementi che lo accompagnano per “raccontarlo” e promuoverlo, credi ancora che il libro sia solamente un “parto dell’anima” e non un lavoro di squadra?
Mettiamo le cose in chiaro: il lavoro dell’autore è sacrosanto, ma il lavoro attorno a un saggio, un romanzo, una silloge serve a far puntare i riflettori proprio su quel sacrosanto lavoro.
Un libro ha decisamente bisogno di cure e attenzioni per attrarre lo sguardo di un visitatore casuale della libreria o dello store digitale. Ci sono anche alcune tecniche per farsi notare (e non sono certo lo spam selvaggio nelle chat di Messenger), ma partire da un prodotto esteriormente accattivante può garantire di passare alla seconda, grande sfida: il crash test del testo.
Partire da un prodotto esteriormente accattivante può garantire di passare alla seconda, grande sfida: il crash test del testo.
Se abbiamo attratto l’attenzione, dobbiamo dimostrare di meritarla e possiamo farlo solo offrendo un prodotto di qualità.
In questo, può seriamente aiutarti un professionista al servizio del tuo testo.
Ora, immagina di trovarti in una libreria e di essere stato “convinto” ad afferrare, tra i tanti, un libro tra le mani. Lo osservi, leggi la quarta di copertina, indugi sulla sinossi. Inizi a sfogliarlo.
Immagina di leggere questo:
Quand’ero piiù giovane ed indifeso, mio padre mi ha dato un consiglio che ho fato mio da allora. « Tutte le volte che ti viene da criticare qualcuno, mi ha detto, «ricordasti che non tutti a questo mondo anno avuto i vantaggi che ai avuto tu». Non ha detto nient’altro, ma siamo sempre stati insoltamente comunicativi in modo riservato ,e capii che intendeva molto più di questo.
[…] Solo Gasbsy, l’uomo che da il nome a questo libro, fu per me un’eccezione -Gatsby, che rappresentava tutto ciò per cui io provavo un disprezzo totale.
Non penseresti forse che è un lavoro molto (molto) trascurato?
Questo testo è, credo tu lo abbia riconosciuto, “Il grande Gatsby”, di Francis Scott Fitzgerarld – da questo anno, peraltro, di dominio pubblico.
La traduzione che hai letto è di Bruno Armando, per Newton Compton editori.
Non so se hai visto il film del 2013, ma a me è piaciuto molto (ovviamente, adoro il libro).
Tutto questo divagare però ha uno scopo ben preciso: vediamo se hai beccato tutti gli errori in un colpo solo.
Non barare, rileggi attentamente il testo nella foto che segue e scrivi su un foglio gli errori che ho inserito secondo te.

Goditi questo meraviglioso e incoraggiante meme di Leo.

E, ora, leggi.
Quand’ero più giovane e indifeso, mio padre mi ha dato un consiglio che ho fatto mio da allora. «Tutte le volte che ti viene da criticare qualcuno», mi ha detto, «ricordati che non tutti a questo mondo hanno avuto i vantaggi che hai avuto tu». Non ha detto nient’altro, ma siamo sempre stati insolitamente comunicativi in modo riservato, e capii che intendeva molto più di questo. […] Solo Gatbsy, l’uomo che dà il nome a questo libro, fu per me un’eccezione – Gatsby, che rappresentava tutto ciò per cui io provavo un disprezzo totale.
Sono sicura che hai beccato la maggior parte degli errori, mentre su qualcuno avrai avuto la necessità di tornare indietro per confrontare i due testi. Naturale, non sei abituato a cercare “l’ago nel pagliaio”.
Scrivere un’opera è faticoso. Da un’idea, si intraprende una stesura, si inseguono pensieri, ci si sorprende con le deviazioni che la storia alle volte sembra automaticamente prendere da sola; arrivare “stanchi” alla revisione è fisiologico. Soprattutto, la mente conosce alla perfezione quel lavoro e il suo grado di attenzione verso le imperfezioni, complice la “stanchezza”, sarà veramente basso.
Un editor o un correttore di bozze hanno il cosiddetto “occhio clinico” per tutto quello che non va in un testo.
Un editor o un correttore di bozze hanno il cosiddetto “occhio clinico” per tutto quello che non va in un testo: individuano refusi in maniera quasi automatica. Quelli portati in esempio sono davvero semplici, mi servivano per iniziare a spiegare cosa significa lavorare a un testo. Ci sono questioni più complesse e che richiedono un grado maggiore di attenzione, tanti cicli di letture, un estenuante lavoro di precisione. Vorrei parlartene un po’ per volta, con una serie di post, per non sommergerti di informazioni.
L’appuntamento
Nelle prossime settimane farò sempre più post sui vari tipi di editing e sul rapporto tra editor e correttore di bozze.
Al termine di questo ciclo di approfondimento, metterò a disposizione un incontro online gratuito collettivo nel mese di giugno 2021, durante il quale potrai fare tutte le domande che desideri, assieme ad altri scrittori. Per partecipare all’incontro, puoi mandarmi una mail a mariapiadellomo@gmail.com.
Se invece non resisti e senti impellente il bisogno di farmi delle domande, puoi scrivermi o richiedere la tua Skype Call gratuita, così chiacchieriamo un po’.
Trovi il modulo di contatto qui.

Chi ha bisogno di un editor?
Nel frattempo, inizio a rispondere alle convinzioni erronee con cui ho aperto il post.
E chi ha bisogno di un editor? Chiunque voglia pubblicare un libro. Anche io avrei bisogno di un editor, volessi pubblicare, da autrice, un libro tutto mio. Non perché mi mancano le competenze, ma perché l’attaccamento emotivo all’opera e la “distrazione” che deriva dal conoscere il romanzo mi farebbero essere poco obiettiva verso i miei stessi errori. Avrei bisogno di un esperto “esterno” alla questione.
Mica lo ha scritto lui, il libro! Infatti, no. Però ti aiuta a migliorare il tuo. Quando, durante un corso di editoria, spiegavo agli allievi i doveri di un editor, sottolineai loro che per un editor debba valere questo principio della medicina: primum non nocere. Tutto quello che va fatto, va fatto per il bene del libro, non di certo per l’ego. Chi non riesce a separare lavoro e narcisismo non è adatto a questo mestiere.
Potrebbe togliere “anima” al mio romanzo, uniformandolo a tanti altri. Assolutamente no. Almeno, io non lavoro così. Nella scrittura vedo tanto della personalità di una persona, della sua forma mentis. Scrivere è un modo di stare al mondo. Non mi piacerebbe forzare qualcuno a essere chi non è. Se non ti fidi, e se non l’hai ancora fatto, leggi cosa raccontano gli autori che hanno lavorato con me.
E se non fosse all’altezza della situazione? Non è da escludere. In genere ti consiglio di scegliere un editor sulla base di due fattori: i generi che tratta e/o il suo approccio alla creatività.
È questione di “alchimia” intellettuale, poco da fare. Se sei titubante, abbatti quel muro.
Prova a mandare una mail dove esponi i tuoi dubbi o a chiedere delle cartelle di prova (non troppe, mi raccomando!).
E se non gli piacessero i miei stessi autori “di riferimento”? Una volta mi fu chiesto da una persona. Sinceramente, non trovo limitante avere preferenze diverse. È improbabile esistano due fotocopie umane sullo stesso pianeta, figurarsi nella stessa nazione. La diversità pone in gioco un vantaggio biologico: l’evoluzione. Se ti dovessi consigliare uno dei tanti libri che leggo, diversissimi dai tuoi, e viceversa, ne usciremmo entrambi professionalmente arricchiti.
Certo, a meno che non si tratti de “Le barzellette di Totti” (non me ne vogliano gli altri ghost!).
Spero il mio post possa esserti stato utile per avere minore timore di queste “figure dai nomi strani”, che col tempo scoprirai essere i migliori amici del libro. Magari del tuo.








L’ha ripubblicato su Il Capestroe ha commentato:
Il mio nuovo post su questa figura editoriale dal nome “strano”…
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